Semaforo rosso allo «Zaccheria» per il cronista, ma a chi giova?

Un tempo si diceva: «Sbatti il mostro in prima pagina». Adesso (ma non da ora) è il giornalista che rischia seriamente di essere sbattuto fuori. E’ accaduto un paio di settimane fa a Pino Autunno, giornalista de “l’Attacco” e personaggio tra i più noti del panorama calcistico locale. La sua colpa? Aver posto una domanda al presidente del Foggia, Nicola Canonico, che dopo averla ascoltata ha preso cappello e se n’è andato, giustificando il suo gesto con la necessità impellente di «dover parlare alla squadra». Giusto per inciso ricordiamo che Autunno voleva conoscere i motivi per i quali in città, del clamoroso deferimento del Foggia (-4 punti), se ne fosse saputo solo il giorno stesso dell’arrivo della sanzione e se la società non ne fosse già a conoscenza prima. Canonico avrebbe potuto rispondere in molti modi: riteniamo che il presidente del Foggia lo abbia fatto innanzitutto per non turbare lo spogliatoio e l’ambiente con la notizia dell’imminente tegola in arrivo, peraltro su una squadra in fase di costruzione tecnico-tattica. Ma la storia non è finita qui: qualche giorno dopo il presidente del Foggia ha rincarato la dose scrivendo al direttore dell’Attacco, Piero Paciello, una mail perentoria: Autunno allo stadio non è più «gradito», mandi un altro cronista a seguire gli eventi calcistici. Ora l’intervento dell’Ordine dei giornalisti che scrive alla Lega pro invitandola a ripristinare «corrette relazioni» tra società e giornalisti. Ma il semaforo rosso – a meno di ravvedimenti dell’ultimora – resta acceso davanti alla sala conferenze intitolata ad Antonio Fesce e in tribuna stampa: per Autunno e – riteniamo – per tutti gli altri cronisti che osassero comportarsi in modo poco consono ai “desiderata” del presidente.
Non è la prima volta che ciò accade nei rapporti fra media e società sportive e non sarà l’ultima. Ma i margini entro i quali certi rapporti possono essere recuperati in una linea di coerenza e di reciprocità diventano sempre più labili e invisibili. E certo la maggior debolezza oggi degli organi di garanzia e di tutela della professione giornalistica, come Ordine e i sindacati di categoria, non aiuta a ristabilire un quadro di regole. Dopotutto Canonico l’estate scorsa, non appena prese le redini del Foggia, aveva già catechizzato i cronisti intimando loro di non pubblicare notizie di mercato che avrebbero rischiato di far salire i prezzi dei giocatori interessati alla società. Sarebbe come dire a un avvocato di rinunciare alla sua arringa in difesa di qualcuno, al fornaio di non mettere dentro la farina nel suo impasto, a un idraulico di evitare di usare la chiave inglese e così via. Vietare i ferri del mestiere (la notizia per il giornalista) è un’altra versione delle distorsioni in cui sono incappati, ad esempio, anche i cronisti che seguono la Juventus duramente apostrofati da Andrea Agnelli a proposito delle critiche mosse alla Superlega.
Ammonimenti, suggerimenti che si abbattono sulle spalle gracili di una categoria indebolita da quelle stesse norme inapplicate e che penalizzano il lavoro giornalistico: alzino la mano quanti oggi possano esibire un regolare contratto. Ma questo è un tema immenso che meriterebbe ben altro tipo di approfondimento.
Il caso Autunno suggerisce però almeno un paio di osservazioni: 1) il calcio a Foggia è una delle poche realtà che ancora reggono al declino sociale, il prestigio della piazza non si discute anche se pericolosamente in discussione: proprio un paio di settimane fa il direttore sportivo Pavone ammetteva la sua difficoltà l’estate scorsa di fronte al rifiuto di giocatori che al Foggia di Zeman hanno preferito piazze come Potenza, Lecco o Carrarese (con tutto il rispetto). Ma va detto anche che solo a Foggia l’imprenditore Canonico avrebbe potuto ingaggiare un monumento come Zeman e puntare su questo connubio sapendo di poter coltivare sogni di gloria. Dunque per i cronisti che siedono nella sala Fesce diventa cruciale non derogare mai ai principi della professione giornalistica nel rispetto di sé e dei cittadini che leggono e/o ascoltano e vogliono essere informati. E poi, fino a prova contraria, non rispondere alle domande è una mancanza di rispetto nei confronti di tutti; 2) Dovrebbe essere nell’interesse dello stesso presidente del Foggia poter fare affidamento su cronisti autonomi, indipendenti e obiettivi nei loro giudizi perché alla fine una platea obbediente non aiuta a crescere e poi, diciamolo, a lungo andare diventa anche noiosa.

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