I nostri ragazzi ci dicono che non è più tempo di abbandonarci alla speranza a buon mercato, da retorica natalizia per intenderci. Alla loro età hanno capito benissimo che la realtà in cui vivono non è facile, ma non si accontentano di esserne testimoni consapevoli, forse anche più e meglio di qualche adulto che gli fa la morale. Vogliono capire cosa c’è oltre questo orizzonte, immaginare cosa può esserci di diverso per loro. Non sono egoisti i nostri ragazzi, preoccupati certamente sì per un futuro senza grandi prospettive continuando a vivere nella Foggia desolante di oggi, terra di “quarta mafia” secondo la nomenclatura giudiziaria. Percepiscono lo sconcerto dei tempi, annusano le prevaricazioni di tutti i giorni: e non c’è bisogno di dover ricorrere alla cappa criminale che agguanta le nostre comunità, per accorgersene. Lo dicono con il coraggio e la sfrontatezza dei loro anni. Sì, perche hanno liberato fantasia e creatività i nostri ragazzi. Se ne contano a decine di racconti, canzoni, pensieri postati nel caleidoscopico mondo di YouTube e sui canali privati tipo Whatsapp. Il digitale sprigiona pensieri, ansie e malumori che in passato si consegnavano all’impegno politico e sfociavano nei movimenti giovanili oggi quasi del tutto scomparsi. I ragazzi di venti o trent’anni fa non avevano la testa più sgombra dei coetanei di oggi, ma molti di essi non sapevano come dirlo e a chi confidarsi (il telefono, e poi?), qualcuno deragliava in rifugi come la tossicodipendenza.
Cosa dicono oggi i ragazzi? Attenzione, non prendono di mira gli “adulti” in modo generico come nei conflitti sessantottini, resta da capire innanzitutto a chi si rivolgono. Ma lanciano un “alert”: dove ci state portando? La maggior parte è convinta di svicolare la domanda cambiando aria, il denominatore comune che tiene insieme buona parte dei pensieri nella narrazione di un testo musicale o semplicemente in un racconto. Così Paolo canta dolente, su una musichetta appena arrangiata: “Voglio andar via, via di qua… a questa vita siamo condannati. Sono rimasto solo”. E Giandomenico affida il suo messaggio a un video professionale (titolo: Le mani che vorrei), per chiedersi: «La bellezza dov’è oggi? Difficile vederla negli uomini…» con “cadeau” finale dedicato a Francesco Marcone, il direttore dell’ufficio del registro ucciso da mano ancora ignota nel 1995 a cui presta il suo volto l’attore Dino La Cecilia.
L’impegno giovanile in questa città non viene meno, per fortuna, ma resta ancora confinato nella rassegnazione e nello sconforto. Coraggio, perché il tempo del cambiamento è sempre attuale e poi in questa città si avvicina inesorabilmente quando, tolti i vincoli del commissariamento “mafioso”, anche i foggiani potranno finalmente tornare a votare.