Così gli invisibili del Covid si aggirano (indisturbati) tra noi. La storia di Carla

Storie di sopravvivenza, storie di Covid. La pandemia ha accentuato condizioni di miseria e di emarginazione. Aumentano gli invisibili: li troviamo con noi in coda al supermercato, nell’appartamento di fianco al nostro e non osiamo dubitarlo. Sono i “senza green pass”, loro fonte di tutti i guai, sul lavoro soprattutto. Il certificato verde ha complicato la vita di molti, in particolare dei precari  (ma è una garanzia di protezione per i vaccinati). Accentuando una condizione di subalternità sociale per alcuni ora orgogliosamente cercata, perché senza lavoro e senza vaccino lo stato di isolamento è completo e la rabbia contro il sistema una miccia pronta ad accendersi. Nascono nuove categorie, il mondo si divide tra vaccinati e non. Le conseguenze di queste fratture sociali sono già visibili sui ragazzi, che hanno accentuato lo stato di malessere artificiale e sono già a pieno titolo calati nel metaverso, il mondo degli avatar attraverso il quale s’incontrano con gli amici. Ma anche gli adulti accusano il colpo del “mondo altrove”, basta guardarsi intorno. Concentriamoci però su un aspetto del problema, il lavoro appunto. Non avere il green pass può essere una condanna alla disoccupazione per chi non lo ha (di converso  un rischio sanitario per chi non lo pretende). C’è però il risvolto della medaglia: a Foggia e in provincia non tutti lo chiedono (esercizi pubblici, datori di lavoro). Dunque chi non ce l’ha può ancora sperare di farla franca, ma stiamo parlando il più delle volte di lavoretti per sbarcare il lunario. Il Green pass allora come il reddito di cittadinanza: quanti lavorano in nero senza averne diritto? Ingorghi del nostro welfare sociale. Ma con il Covid si sta rischiando un cortocircuito senza precedenti.

Leggete questa storia: Carla (nome di fantasia) che un contratto di lavoro non sa manco cosa sia, fa le pulizie in casa e non può esibire alcun certificato (se glielo chiedono) perché non ce l’ha non essendosi mai vaccinata. Non è una «no vax», risponde dubbiosa. Il termine non sa nemmeno cosa sia. Comunque la puntura le «fa schifo» e dunque è come se lo fosse. Finora però le è andata bene: «Con molti clienti ci conosciamo da anni, si fidano di me, non mi chiederebbero mai questo green pass». Il guaio è che Carla il Covid l’ha preso sul serio, o almeno crede di averlo preso. «Sudavo, avevo mal di gola, non riuscivo ad alzarmi dal letto». In quel periodo ai suoi «datori» diceva di essere partita, lei che non prende un treno da una vita. L’ha curato in casa come si fa con il morbillo e la varicella. Il distanziamento? Eresie… «Senza mio marito come facevo a rimettermi in piedi? A casa lavoro solo io». Ma come, si dirà, con un tampone si sarebbe messa l’animo in pace lei e avrebbe rassicurato anche chi la riceve in casa. La risposta lascia di stucco: «Non spendo 10 euro (per l’antigienico: ndr) per una cosa che non voglio sapere. E poi così finisco segnalata all’Asl. Mi sono sentita meglio dopo cinque giorni», garantisce. Ed è subito tornata al lavoro  «con la mascherina».  

 

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