
Sono tempi stravaganti, Foggia e la Capitanata sembrano viaggiare in un’altra dimensione. Leggiamo tra le righe del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) l’obbligo per l’Italia di porre le condizioni per la creazione di 228mila posti di asilo a beneficio delle famiglie e, in particolar modo dei nuclei meno abbienti. E invece a Foggia assistiamo allo smantellamento preconcetto e non negoziabile delle otto scuole materne comunali spazzate via dalla rasoiata dei commissari, quale ulteriore gesto di buona economia al fine di far quadrare i conti della macchina comunale. Sui bambini poi… Motivo che sembra dar ragione ai soliti disfattisti (e nostalgici) su quanto in realtà il colpo di maglio dello Stato sulle amministrazioni pubbliche commissariate (per infiltrazioni mafiose o altro, nel capoluogo danno non c’è che l’imbarazzo della scelta) finisca poi per indebolire il corpo sociale.
La stagione delle riforme per interposta gestione prefettizia a Foggia sembra dunque andare a sbattere contro i bisogni della gente e di un’opinione pubblica sempre più disorientata composta da ampi strati della stessa che sogna il ritorno alle vecchie pratiche di una volta. Ma c’è un’altrettanto ampia fascia popolare stufa di assistere ai teatrini della politica affaristica (secondo la visione fornita dalle indagini della Procura, appena concluse) e che confida proprio nello sguardo lungo dei tre prefetti perché la municipalità foggiana torni a strutturarsi su una guida più efficace e lungimirante, che estenda i suoi effetti anche sui governanti (eletti democraticamente) che verranno dopo.
E invece i nodi al pettine, primo tra tutti la drammatica emergenza abitativa, vengono affrontati dalla nuova amministrazione “statale” con una praticità troppo sbrigativa e semplicistica: nasce così l’idea di trasferire “temporaneamente” in due scuole dismesse (l’istituto Lepore in via Ordona Lavello e Moscati in via La Malfa) alcune famiglie in attesa di un’abitazione popolare da tempo immemore. Ma nessuno può saperlo quanto resteranno lì, un’idea ben chiara probabilmente ce l’hanno proprio le famiglie , chiedere ai nuclei che vivono da anni nei container in via San Severo per credere. Senza contare le ricadute sconvenienti di soluzioni pasticciate sulla popolazione, con edifici concepiti per ospitare scolaresche trasformati per bolla statale in quelli che prima o poi diventeranno veri e propri accampamenti (è già successo con l’occupazione delle vecchie scuole di San Pio X) su aree dalla ben altra destinazione d’uso e che finiranno per condizionare il grado di vivibilità in zone adiacenti (via La Malfa è a due passi da Parco San Felice, jogging e picnic).
Dai commissari i foggiani si aspetterebbero a decisioni meno demagogiche, anche se va riconosciuto il quadro devastato e complesso lasciato dal potere politico e dalle sue clientele. Però sul cittadino gli effetti di questi comportamenti rischiano di alimentare nostalgie del passato, perché uno poi alla fine s’interroga: ma se prima si poteva almeno chiedere (riuscendo a volte a ottenere), mentre oggi il solo bussare in Municipio diviene un atto di lesa maestà, non sarebbe meglio tornare a gambe levate all’andazzo precedente? Con tutti gli inconvenienti del caso, evidentemente, a cominciare dal diritto-dovere dei foggiani di augurarsi una nuova e più matura classe dirigente che dopo un’esperienza commissariale così lunga (18-24 mesi) sarebbe legittimo attendersi.