Tre direttori generali in sette anni, al policlinico di Foggia non si può dire che quella del «Dg» non sia una poltrona che scotta. Pedota (2017) fu invitato dal presidente della Regione alle dimissioni dopo aver ricevuto un avviso di garanzia ai tempi in cui era ai vertici del San Carlo di Potenza; Dattoli, che gli subentrò, fu arrestato ai domiciliari il 13 dicembre 2021 accusato di aver condizionato alcune procedure d’appalto – ma dopo tre anni dichiarato “estraneo ai fatti” in tre capi d’accusa su quattro; ora lascia anche Pasqualone, subentrato nel febbraio 2022, dimissioni irrevocabili dal 1° dicembre prossimo. La differenza rispetto ai precedenti è che la magistratura questa volta non c’entra, Pasqualone si dimette “per cambiar vita”, convergere su un nuovo incarico professionale molto più redditizio lontano dalla sanità (neo direttore generale del gruppo in grande espansione Manelli di Monopoli, edilizia), dimissioni che intanto aprono un dirupo sulla sostenibilità sempre più a rischio del sistema sanitario pubblico e che mettono a nudo la delicatezza di certi incarichi apicali esposti a inchieste (e corruttela) e poco ben retribuiti rispetto al privato.
Nuove dimissioni traumatiche, in ogni caso. Al vertice della sanità foggiana non si riesce a concludere un incarico naturalmente, i tempi di Moretti, Cardinale, Orfino sembrano ere glaciali fa. Per quanto non ci siano inchieste scatenanti sul conto di Pasqualone, sono dimissioni destinate, in ogni caso, a far rumore. Da inquadrare nella congiuntura turbolenta della sanità pubblica, insidiata dalle lobby private e da una grave crisi nella programmazione del personale medico esplosa negli ultimi anni senza che vi sia possibile trovar riparo in tempi brevi. Questioni sfociate nelle violenze a medici e paramedici da parte dei familiari dei pazienti e dei pazienti stessi, scenario anche a Foggia (se non soprattutto a Foggia) di episodi straordinari e incresciosi da giustificare per chi ricopre incarichi di vertice. Proprio su uno di questi casi di “missing understandig” era inciampato Pasqualone, quando intervistato dalla trasmissione “Far West” di RaiTre a microfoni e telecamere che il «dg» credeva spenti, si lasciò andare a una considerazione: «I medici di questo policlinico comunicano poco e male».
Su Pasqualone si abbatterono critiche disordinate e pungenti, forse mai pienamente digerite. Ad assolverlo furono proprio i medici (o almeno la gran parte di essi) che riconobbero nel «dg» una caduta sia pure volontaria, ma tutto sommato condivisibile. Fu il segno tuttavia che Pasqualone aveva già alzato la bandiera bianca di un addio meditato ed a quel tempo evidentemente già maturo. C’erano solo alcune tappe tecniche da superare: il varo della cardiochirurgia, il venticinquennale della facoltà di Medicina.
La comunicazione che il «dg» farà il 26 novembre ai direttori di struttura, convocati da alcuni giorni, avrà il sapore amaro di una rinuncia nel mezzo di una «fabbrica» dei Riuniti che non si riesce a completare. Oltre 200 milioni di investimenti pubblici stanziati ormai quasi dieci anni fa e intralciati da inchieste, rallentamenti procedurali, revisioni dei progetti. Pasqualone ha portato avanti un mandato tra le montagne russe e tra mille difficoltà (l’ufficio tecnico azzoppato dalle inchieste, i vuoti di personali), provando a modernizzare i Riuniti aprendo l’ambulatorio per la disforia di genere (il processo psicologico, medico e chirurgico per il cambio sesso), investendo sulla procreazione assistita, la mission della Cardiochirurgia ultimo atto del suo mandato.
La patata bollente passerà adesso nelle mani della direzione amministrativa, ad Elisabetta Esposito (fedelissima di Pasqualone) il compito di traghettare il secondo policlinico pugliese verso la nomina del prossimo «dg», questione di tutt’altro facile soluzione a meno di un anno dalle prossime regionali che dovrà gestire l’assessore alla Salute, Raffaele Piemontese e il presidente Michele Emiliano.