Da Bergamo a Foggia, ecco come risale la qualità della vita

Non c’è qualità della vita, al Sud, se poi in coda ci sono sempre e solo province meridionali. Scorrendo la classifica del «Sole 24 Ore» si dovrebbe parlare più risolutamente e senza infingimenti di «aree del sottosviluppo». Un po’ come avviene per le squadre di calcio: c’è chi può ambire alla Champion’s, chi all’Europa league o alla Conference… E poi c’è la zona retrocessione: anche lì sono sempre le stesse a giocarsela. 

Non mancano tuttavia spunti interessanti nella graduatoria del «Sole 24 Ore». Bergamo che assurge al grado di città più vivibile d’Italia, ripartendo dal 52° posto e dalle vittime per Covid trasportate con i camion dell’Esercito nella spaventosa primavera del 2020, era forse una posizione legata alla suggestione di una tragedia, così come oggi quella stessa suggestione diventa per converso una ragione di slancio ora che quella storia drammatica è alle spalle . Perchè certe classifiche riflettono il sentiment dei rilevatori oltre che della popolazione. E Bergamo con la sua provincia, travolta nell’apocalisse da pandemia, non poteva a suo tempo mostrare indicatori migliori. Ma che erano già presenti, altrimenti in quattro anni non sarebbe stato possibile un exploit del genere. 

Veniamo alle grandi città, tutte sommariamente bocciate per qualità della vita. Milano (-4) non è tra le prime dieci, il balzo indietro di Roma (-24, oggi 59ma) dovrebbe far pensare, non fa testo invece Napoli (penultima -1) già nei bassifondi della graduatoria ma che sostanzialmente è l’unica città che sembra fottersene di questi rilevamenti.  Tutte, o quasi, le metropoli bordeggiano a centroclassifica: la sicurezza e gli aumenti vertiginosi degli affitti, i principali punti deboli evidenziati. Dati che tuttavia suggeriscono l’idea di dover procedere a una parziale revisione di alcuni parametri consolidati sulla vivibilità delle nostre metropoli, riguardo a temi quali i servizi all’altezza e al livello di benessere certamente riscontrabile nelle nostre grandi città. Tutti requisiti oggi minacciati dall’aumento della densità demografica (nella capitale) effetto del turismo sfrenato. E dalla crescita delle diseguaglianze in cui l’aumento dei prezzi è tra i maggiori indicatori. L’allerta suona proprio alla vigilia dell’anno del Giubileo: già ora non si trovano più alloggi se non a caro prezzo, tutti convertiti al sacro business dei nuovi b&b.

Piccolo, allora, può tornare ad essere bello? Forse. Ma anche qui con i dovuti distinguo. Certamente le città fanalino di coda, scontano ben altri problemi. Alla casistica continua a sottrarsi la città di Bari che traina la provincia, più su di 4 posizioni al primo posto tra le città del Sud. I punti deboli però ci sono anche nel capoluogo pugliese: stato della sicurezza migliorabile, qualità dell’ambiente non ottimale. Qui il turismo non è ancora diventato onnivoro, anzi si deve proprio al flusso continuo di vacanzieri il consolidamento della svolta cominciata un decennio fa. La Puglia, in generale, non arranca eccezion fatta per Taranto e Foggia (99) che restano ben salde nelle retrovie.

La provincia della Daunia fa però il balzo più interessante tra le città pugliesi (+8%). Un dato incoraggiante per la nuova amministrazione di centrosinistra spinta però dal lavoro svolto dai commissari (i numeri si riferiscono al 2023, la giunta Episcopo è entrata in carica nell’ottobre di quell’anno). Le prime avvisaglie di una risalita erano state registrate nell’ottobre scorso quando Foggia conquistò nove posizioni  nella classifica EcoSistema Urbano sui parametri ambientali, meglio di Bari e di Torino, una valutazione che influisce sui  parametri della qualità della vita. Si tratta dunque di una ripresa significativa, ma c’è ancora tutto il resto da mettere a posto (in primis la sicurezza). Ma la sfida sembra lanciata.  

Una panoramica di Foggia

 

 

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