Del fondoschiena di Trump sentiremo ancora parlare. Specie se qualcuno proverà ad avvicinarsi con fare minaccioso, come ne avrebbe a giusta ragione ad esempio la Cina che si è vista portare i dazi al 125%. Il tycoon sempre più spocchioso ci tratta ormai da sudditi, ma lo sapevamo già. E’ l’America coatta e bigotta che l’ha voluto lì, semmai non è stato opposto abbastanza attrito da parte dell’elettorato dell’altra parte per impedirlo.
Dunque i dazi sono diventati il suo bastone e la sua carota per addomesticare il mondo. Adesso avremo 90 giorni per pensarci su e come fare per evitarli. E speriamo che The Donald non ci conceda il beneficio di doverci genuflettere dinanzi alle sue terga per spuntare un conto meno salato. Toccherà alla presidente del consiglio Giorgia Meloni portare avanti il primo tentativo, il prossimo 17 aprile. Speriamo che lo “zero a zero” auspicato dalla nostra premier alla vigilia del viaggio – e ben prima che Trump decretasse il parziale stop – abbia ora una qualche ragione in più per affermarsi. Sarebbe un successo insperato.
La questione è comica, se vogliamo salvare ancora il gusto dell’ironia. Trump con le sue formulette ridicole (dicono i matematici) si è inventato un modo per tenere testa al mondo utilizzando metodi e linguaggio da trivio sui quali ha costruito la sua lunga carriera da palazzinaro newyorchese arrogante e senza scrupoli. Ora sta provando soltanto a trasferire quel format su scala mondiale.
Si dice che la ragione che ha portato alla precipitosa sospensione dei dazi (peraltro anticipata qualche giorno fa da un suo fedelissimo) abbia almeno due chiavi di lettura. La prima (piuttosto veritiera) tende a ritenere che con i mercati in rosso e il crollo del dollaro, abbiano prevalso le contumelie dei miliardari americani per tutti i miliardi fin qui bruciati, molti tra questi sodali e finanziatori della campagna elettorale del presidente Usa. A tutto questo fa da sfondo il sospetto (abbastanza credibile) di giochetti poco chiari nel cerchio magico del grande capo, sospetti di presunto aggiotaggio sui forti ribassi di azioni in Borsa e di insider trading su singole società quotate. Insomma mentre i risparmiatori del pianeta si leccavano le ferite per i guadagni in fumo, più di qualcuno incassava miliardi a palate sfruttando le interconnessioni fra tempistica e informazioni riservate.
In questo quadro si inserisce il viaggio della Meloni, tipo Alice nel paese delle meraviglie. Finalmente lo ha ottenuto: dopo tutti i salamelecchi all’indirizzo del Capo, anche la presidente del Consiglio avrà il suo ingresso alla Casa bianca. La fortuna aiuta gli audaci e coincidenza vuole che il colloquio avvenga in una fase topica del contenzioso mondiale sui dazi sempre che la premier la spunti sulla proposta dello “zero a zero” per l’Europa.
Trump si dice che faccia le sue trattative con il bazooka sul tavolo, la premier dunque non si aspetti concessioni continentali ma solo sul made in Italy. Poi chi si è visto, si è visto: questo nelle aspettative del plutocrate a stelle e strisce. E qui sta il punto. Tornare a casa con lo sconto sul parmigiano farebbe ridere il mondo, oltre che graziare gli interessi di una minuscola quota di produttori e di consumatori (americani). Mantenere il punto sulla dimensione “europea” dell’accordo, come peraltro Giorgia ha detto di voler interpretare la missione, avrebbe ben altro significato. Meloni dovrà spostare con abilità e destrezza tutta italica l’asse della discussione dagli incontri “b2b”, come vorrebbe il Tycoon, a una trattativa vera.