Screenshot

Leone XIV tra Francesco e Wojtyla

«La morte non è niente, sono solo passato nella stanza accanto». Così parlò Sant’Agostino in una delle sue massime più celebri e che ci piace ricalcare per segnare il trapasso fra Papa Francesco e il nuovo Papa agostiniano Robert Francis Prevost, 69 anni, 267mo discendente di Pietro. Un altro pontefice dalle Americhe dopo l’argentino Franciscus, «venuto da un altro mondo» come si schermì Papa Bergoglio salito nel 2013 alla Loggia di San Pietro. Solo che Prevost il continente lo abbraccia tutto: originario di Chicago, è stato vent’anni missionario in Perù (di cui ha preso anche la cittadinanza), creato cardinale da Francesco dal quale ricevette la mantella vescovile.

Ma le analogie tra i due papi americani per il momento finiscono qui. Perchè l’impressione è che l’elezione di questo nuovo nuovo Papa, risponda più a ragioni di realpolitik, di cui i cardinali si sono fatti interpreti, che non alla mano dello spirito santo.

Noi europei viviamo da qualche anno con le guerre nel ballatoio di casa (Gaza, Ucraina) e i gorilla che si battono in petto. Proprio mentre dal comignolo della cappella Sistina spuntava la fumata bianca, Putin e Xi Jimping tra gli stucchi del Cremlino proclamavano la loro «amicizia» tra superpotenze pronte a schiacciare i riottosi che non si allineano: così se la Russia tiene da tre anni il tallone sull’Ucraina, anche la Cina vorrebbe farlo con Taiwan. 

L’altro gorilla si trova a Washington, ma il sospetto che l’elezione di Prevost fosse un regalo al trumpismo è durato lo spazio di qualche secondo, probabilmente legato solo alla nazionalità del nuovo pontefice americano dell’Illinois. La storia e il pensiero del cardinale Prevost in realtà dicono tutt’altro. Appena eletto, Papa Leone XIV si è rivolto ai fedeli oltre che in italiano, lingua protocollare, anche in lingua spagnola memore forse non solo dei trascorsi peruviani:  c’è chi legge in questo messaggio una presa di posizione netta in favore dei “latinos” perseguitati ed espulsi dalle nuove politiche sull’immigrazione di Trump. 

Non più tardi di un mese fa, Prevost aveva inoltre bacchettato duramente il vicepresidente americano J.D. Vance che ha rivisto, secondo una sua personale dottrina, il concetto di fratellanza e di amore per il prossimo, circoscrivendo la misericordia di Cristo all’ambito ristretto dei propri familiari e delle persone più vicine. «Sbagliato, Cristo non ha detto questo», tuonò il futuro Papa dal Sant’Uffizio romano.

La scelta dei cardinali andrebbe dunque inquadrata in un contesto di finissima diplomazia, peraltro già abilmente attuata in Vaticano durante la simil confessione  Trump-Zelenski su due semplici sedie nella basilica papale, prima dei funerali di Papa Bergoglio, incontro tanto fugace quanto decisivo per il recupero dei rapporti Usa-Ucraina e di un negoziato che prima di quell’incontro pendeva dalla parte di Putin dopo il burrascoso confronto dello Studio Ovale. 

Da questo punto di vista l’elezione di Leone XIV avvicina il Papa stelle e strisce alle circostanze che portarono nel 1978 al pontificato di Karol Wojtyla,  il Papa polacco eletto in piena guerra fredda determinante nella caduta del regime di Jaruzelski, il generale che comandava la Polonia con il pugno di ferro e che prendeva ordini da Mosca come tutti i paesi dell’Est europeo. Giovanni Paolo II fu sostenitore dell’ascesa di Solidarnosc, il movimento di liberazione guidato da Lec Walesa,  il simbolo di quel riscatto che divenne poi anche il primo presidente della Polonia democratica. Un Papa che con la forza del sorriso e della determinazione contribuì alla spallata decisiva per il crollo del Muro di Berlino (1989) e all’implosione del comunismo nel blocco ex sovietico. 

Ora tocca a Leone XIV, ma il nuovo Papa non dovrà vedersela solo con le contorsioni del trumpismo al quale i cardinali sembrano comunque aver apposto un argine. Lo attendono sfide insidiose, le stesse che Francesco ha affrontato con spirito di carità e che Leone nel suo ruolo potrebbe interpretare con piglio meno pastorale  a giudicare dai messaggi diretti già spediti nel suo primo discorso. Servirà il suo determinismo, la capacità ferma e dialogante che gli viene riconosciuta per affermare quella «pace disarmata», concetto ripetuto ben nove volte nel suo discorso di saluto ai fedeli.

—-

PAPA AMERICANO Il futuro Leone XIV con Papa Francesco     

Tag: Nessun tag

I commenti sono chiusi.