Nei tempi di cartone, dove anche l’orrore è in favore di telecamera

Viviamo tempi di cartone, melliflui e impapabili. Come di cartone sono le facce dei papà – vittime e/o carnefici, loro malgrado – dell’ennesimo femminicidio. Prendiamo l’ultimo caso, quello di Afragola: come si possa rispondere alle domande su una figlia appena uccisa a colpi di pietre, come si possa rispondere sul proprio figlio, bravo ùaglione, per carità, preso da un momento di follia… E poi i cortei, la mamma che si mostra con la maglia dedicata alla figlia (foto, credit Skytg24). E’ un reality show.  

Un tempo ci si chiudeva nel dolore, almeno si diceva così. Ma tutta questa voglia di parlare non c’era, non poteva esserci. 

Loro invece parlano in favore di telecamera, allungano il viso, martiri di cartapesta, l’aria di circostanza, l’aspetto sfatto del volto e dei luoghi intorno a definire forse la più autentica condizione morale e sociale. Spiegano che i figli, proprio no, non erano cattivi ragazzi. Dicono quasi le stesse cose, il papà della vittima e quello del suo carnefice. Ribadiamo: come si fa a dare un’intervista così a caldo?

Luci della ribalta purchessia, va bene anche la più misera. Siamo malati di protagonismo, i social il nostro specchio e non c’importa che il riflesso lo vedano in troppi. Annegati nell’effimero, altro che i 15’ di celebrità di Warhol: ne bastano pure 2-3 di un servizio al TG1, ma pure i reel ottusi ripetitivi vanno benone. 

Se siamo arrivati a questo la colpa, dice Crepet, è anche dei genitori/amici che fanno le stesse cose dei ragazzi. Ma forse sarebbe il caso di ribaltare il concetto: sono i ragazzi che prendono spunto dai genitori. Non c’è controllo, d’accordo, se una ragazzina a 14 anni si atteggia a star di Hollywood, ma non sarà la prima e forse l’ultima. E comunque non è che per trovare una spiegazione si possa buttarla sulla messinpiega della ragazza. Pensiamo piuttosto a dove la trovi tutta quella ferocia, l’assassino reoconfesso 19enne, per colpire ripetutamente colei a cui aveva chiesto «un abbraccio». In quale tombino del nostro animo si nasconde una collera così irragionevole, malevola e ripetitiva nei giovani di oggi? 

E’ allora ai genitori che bisogna tornare, perchè altrimenti non si spiega lo smarrimento e la fuga dalla responsabilità che traspare da queste storie ormai quasi tutte uguali. Un tempo i genitori davano anche buoni consigli, esempi edificanti e qualche scappellotto. “Mazze e panelle”, si diceva.  Oggi i nostri ragazzi spesso non trovano più in famiglia le coordinate per muoversi, se hanno di fronte due ragazzoni più immaturi di lavoro che fanno le loro stesse cose.

Cecchettin, Tramontano e poi? La memoria si ferma qui, confessiamolo: non ricordiamo più i nomi di tutte le vittime che si susseguono, anche due, tre al giorno. Femminicidi e giovani, l’identikit della vittima ha il format dell’orrore. Fermiamoci, ma come? 

 

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