Toccherà ad altri 25mila soldati di Pyongyang irrobustire il fianco Sud-Ovest delle difese russe. Altra carne da macello da spedire al fronte per arginare i combattivi incursori ucraini sulla linea del Kursk. Il patto dei due dittatori si consolida dopo l’invio dei primi 11mila soldati coreani, spediti tra le steppe del confine post-sovietico nel novembre 2024 a combattere una guerra che non conoscevano, né avrebbe potuto mai riguardarli.
Già 4mila i morti dichiarati tra i giannizzeri della legione straniera secondo un primo bilancio, molti neppure avranno degna sepoltura: alle famiglie del più buio regime totalitario del pianeta non è concesso sapere della sorte dei propri ragazzi. Un po’ meglio, si fa per dire, per i caduti russi ai quali il governo promette degna sepoltura e una pensioncina per chi resterà a piangerli sulla nuda terra.
Ogni famiglia infelice lo è a modo suo, eppure parafrasando il grande scrittore russo Lev Tolstoj riesce difficile immaginare come lo sgomento e il senso di frustrazione, a Mosca come in Corea del Nord, possa essere diverso.
Nel nostro mondo civile e/o civilizzato finiamo per preoccuparci, se vogliamo, per ragioni molto più prosaiche: le troppe ore di telefonino al giorno dei nostri ragazzi, la trappola della droga, il rischio di incidenti sul monopattino e altre questioni non meno gravi e allarmanti, ma che certamente i papà e le mamme russe, coreane e ucraine scambierebbero volentieri se potessero.
Riconosciamo tuttavia una piccola soddisfazione ricavata da questa esperienza per i soldati coreani, sui quali ci permettiamo di insistere essendo i più ignari di tutto: gli 11mila del primo contingente, ebbero ben presto modo di accorgersi che la missione russa aveva il suo tornaconto quando poterono addentrarsi, una volta oltrepassato il patrio-confine, nelle immense praterie di Internet. E quando, immediatamente dopo, scoprirono gli agi e le licenziose foto e video dei siti porno di cui quasi ignoravano l’esistenza.
Fu un momento di grande sollazzo per loro e di sghignazzi per i cittadini del mondo quando la notizia divenne di dominio pubblico. Divisa e moschetto per quei ragazzi divennero sinonimo di libertà, fu persino facile trovare una similitudine con i ventenni militari della leva, obbligatoria in Italia fino a vent’anni fa: era un momento di emancipazione almeno per quei giovani che avevano condotto un’esistenza remota, nell’Italia arretrata e un po’ bigotta di quegli anni specie nella nostra provincia.
La “leva” Mosca-Pyongyang oggi vive di ben altre inquietudini, ma quei ragazzi che son caduti (e gli altri ancora in vita) forse si sono accorti che il mondo che li circonda era ed è tutt’altra cosa. Anche se lo dovranno a Kim e Putin.