Forse non è più nemmeno il caso di invocare l’esercito sulle strade. Troppo generico, e poi militarizzare che senso avrebbe? Forse sarebbe più giusto metterci la faccia, ora e per sempre, cittadini comuni e governanti. Tutti insieme a “vigilare”, ma cosa? Il buio, il represso, il sordido che c’è dentro di noi e in chi ci attraversa la strada lì davanti.
Forse servirebbe questo esercizio di verità a una città come Foggia, affinché non diventi perduta per sempre. Ma è un bisogno che devono sentire i cittadini, anche “lorsignori” che fanno finta di indignarsi di fronte e certi pensieri che turbano l’attesa che li separa dalla barca o dalla casa al mare dove trascorrere il weekend. Poi ci ritorneranno comunque sul luogo del delitto, uno o due giorni dopo: e gli toccherà comunque convivere con questa realtà.
Non si tratta di arginare fenomeni criminosi gravi e inquietanti come quelli che accadono altrove. A Bari la popolazione s’indigna per le risse notturne e in pieno giorno in piazza Umberto, teme conseguenze per le guerriglie di strada fra extracomunitari, si sente minacciata dalle spaccate ai negozi in via Sparano.
A Foggia e nel Foggiano accadono invece episodi di una brutalità d’altri tempi. Se esistesse una classificazione di censo degli atti criminali, questo sarebbe il più infimo. Perché assaltare la Mercedes di un malcapitato alla guida in pieno giorno, scaraventarlo in terra sulla statale 16 (lo documentano le immagini di alcuni increduli automobilisti di passaggio), buttarlo via come un cencio per portarsi l’auto con tutto il resto che c’è dentro, sono cose che accadono non per una diffusa delinquenza comune. Qui si rovista tra i rifiuti, c’è una mentalità accattona anche nei business illegali più diffusi come i furti d’auto finalizzati alla vendita di pezzi di ricambio a metà prezzo.
No, a Foggia – e non è la prima volta – si rubano gli strumenti musicali di un concerto appena allegramente concluso con l’ultima canzone di Eugenio Bennato dedicata proprio a “Foggia”, la sua lirica composta qualche anno fa. Gli organizzatori di Mònde sono rammaricati, avrebbero forse dovuto raccomandare ai musicisti a “non lasciare oggetti nell’auto”?! Siamo a questo purtroppo… Il direttore artistico Luciano Toriello, persona discreta e perbene, si dice sinceramente dispiaciuto per l’immagine che inevitabilmente questa città si porta dietro anche quando cerca con tutte le sue forze di metterci una pietra sopra e ripartire.
Inevitabile poi arriva la grancassa dei media, ma come dargli torto? Sono due stranieri quelli che hanno rapinato per ben due volte una turista anch’essa straniera nella stazione di Foggia. I poliziotti li hanno arrestati, ma è sempre quel nome che balza all’occhio. E non fa un bell’effetto sentirselo ripetere a chi ha ancora a cuore questa sventurata città.
Non mancano gli slanci di generosità: il consigliere comunale Pasquale Cataneo chiede «un piano straordinario» a tutela dell’immagine e della cura della città del Tavoliere, il festival dei Cammini Mònde, lo abbiamo detto, ha portato tutto a Foggia, da Monte Sant’Angelo, il suo nutrito carrozzone di artisti e celebrità (gli attori Gifuni, Bergamasco, il regista Garrone, Pavignano e altri). Struggente l’assessore alla legalità, Giulio De Santis, quando ammette le colpe delle istituzioni e la sua contrita, rassegnata testimonianza sull’assurdo omicidio della chef marocchina Hayat Fatimi, uccisa dall’ex compagno pure ricercato, ma mai cercato davvero, perché senza fissa dimora.
Siamo all’anno zero, o forse sottozero, come dice un celebre detto cecoslovacco: ma c’è davvero solo spazio per scavare ancora nella voragine?
