Sanità

Il silenzio che soffoca la sanità

Dibattito surreale, quello venuto fuori a Foggia dal convegno di Universo Salute con i vertici di Asl e Policlinico Riuniti. Si è parlato di integrazione tra ospedale e territorio e di scarsa informazione tra i cittadini. 

Ma a destare scalpore – e non è una novità – sono ancora una volta i numeri della mobilità sanitaria:  67 milioni di euro (la somma registrata un anno fa) che la provincia di Foggia ha liquidato alle regioni in cui i foggiani scelgono di andarsi a curare. 

A lavori conclusi, riflettendo con il dg dell’Asl, Antonio Nigri, è emerso che i medici di base, ovvero molto spesso il primo approdo medico-paziente, nemmeno sono a conoscenza – oppure ritengono di non dover essere informati – della presenza di specialisti disponibili in loco e dunque non sono in grado (a meno di slanci e/o conoscenze personali) di fornire ai propri assistiti questo genere di informazioni qualora lo richiedessero. 

E sorge il sospetto (eufemismo) che in tanti, specie tra gli anziani, non disdegnerebbero di ricevere dal proprio medico informazioni più dettagliate se solo dall’altra parte sapessero di trovare un camicie bianco disposto a fornirgliele. Ma non sulla base di un consiglio oppure di una conoscenza diretta, come avviene ora: per obbligo istituzionale.

I numeri parlano chiaro, la gente va a curarsi fuori anche per sciocchezze: dei 67 milioni con i quali finanziamo la sanità degli altri, solo 11 milioni vengono utilizzati per cure specialistiche, tutto il resto se ne va su interventi di media o bassa intensità.  Funziona il passaparola: il cittadino si fida di più del vicino di casa o del conoscente incontrato per strada, piuttosto che provare a rivolgersi preliminarmente al proprio medico di base.

Illuminante, sul punto, il dirigente medico di presidio dei Riuniti, Stefano Porziotta: «Troppo spesso si ignora ancora la presenza della cardiochirurgia al Policlinico, nonostante sia attiva da oltre un anno». 

E’ forse proprio l’incomunicabilità uno degli aspetti da correggere della sanità pubblica, probabilmente il più plateale poichè soffoca una quota potenziale di diritto alle cure obbligando le Regioni a sperperare, molto spesso, soldi pubblici che potrebbero essere riversati negli ospedali pubblici del territorio.

Nel corso del convegno all’opera Don Uva è stato posto l’accento sull’esigenza crescente di una pneumologia moderna, integrata e basata sull’evidenza e che valorizzi la collaborazione tra professionisti, favorendo l’aggiornamento continuo nell’interesse del paziente e del sistema salute.

L’amministratore delegato di Universo Salute, Paolo Telesforo, ha parlato degli 11 ospedali di comunità, in corso di costruzione in Capitanata e finanziati con il Parr, come di un «fallimento». Ed ha sottolineato il ruolo del privato durante l’emergenza Covid: «Fummo i soli, con le nostre strutture, a supportare la sanità pubblica. Ma stiamo aspettando ancora i soldi». 

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