Orsara di Puglia, agosto 2020, Peppe Zullo, proprietario, chef e contadino di Nuova Sala Paradiso

Il posto dell’anima a «casa» Zullo

C’è un posto dell’anima, dove l’istinto porta a compiere un passo indietro. E quel posto, a quanto sembra, lo cercano sempre più in tanti: non si comprenderebbe come mai il ritorno alle origini diventi a volte anche un affare di famiglia. L’epicentro di questa nuova covata è Peppe Zullo, il “cuoco contadino” che sempre più spesso apre le porte della sua magione, Villa Jamele, a due passi da Orsara di Puglia, a tutti coloro che intorno alla gastronomia e alla cucina tipica sanno costruire una narrazione originale.

Ebbene, per il trentennale del tradizionale evento d’ottobre questa volta denominato “the Daunian in the world”, lo scopritore della borragine e del marasciuolo (antiche e nobili vegetazioni del territorio fino a qualche anno fa allegramente calpestate da uomini e animali), ha aperto il suo palcoscenico a Dominique e cugina, americana originaria di Roseto Valfortore la prima (“fabbricata”, come dice lei), che però a un certo punto hanno deciso di salutare gli States per stabilirsi nella casa paterna dove hanno aperto una scuola di cucina.

«E’ intorno alla cucina che si scopre la vera identità dei popoli – dice Dominique – il nostro diventa quasi un bisogno di rintanarsi, a Roseto facciamo una vita semplice e ci sentiamo di più a casa. Altri sono pronti a seguire il nostro percorso. E Peppe Zullo è diventato la nostra vita».

Sarà forse per i tempi ambigui che viviamo, ma chi può trova rifugio in un posto più sicuro e da questo punto di vista i Monti Dauni in provincia di Foggia sembrano diventati un anfratto non più tanto nascosto per molti di questi viandanti in fuga dal caos e dalle lacunosità di un mondo distante. 

C’è chi questa tendenza la chiama «restanza», chi la definisce «glocal», altro neologismo tra globale e locale. Sono i testimoni di un tempo sospeso come lo fu al tempo lo stesso Peppe Zullo che, partito quarant’anni fa dalla sua Orsara ha messo su casa negli Stati Uniti, ma poi è ritornato a casa per costruire (forse inconsapevolmente) quel movimento carsico, quasi di rientri alla chetichella, che oggi lui riesce a evidenziare e che sarebbe importante e scoprire e portare alla luce perché, al tempo dei social, il mondo possiamo tenerlo a portata di mano anche vivendo in un borgo antico e dimenticato dal mondo, come usava dire una volta. 

«Il nostro non è tanto un richiamo alle origini – dice Peppe Zullo – ma la constatazione che locale è bello e che piace sempre di più a chi viene a conoscerlo. Trent’anni fa, quando cominciammo questa nostra esperienza, in un mondo che andava via via globalizzandosi eravamo nel dubbio che la valorizzazione delle nostre origini potesse non piacere a più di qualcuno. Oggi siamo nella condizione di poter dire che il futuro lo vediamo sempre meglio».

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