Finito l’esilio dell’università di Foggia: la sede dalla periferia torna nel centro città


Era ora che anche Foggia, città universitaria tra le più performanti del paese (lo dicono le statistiche nazionali), si dotasse di una sede di Ateneo in pieno centro, a due passi dalla stazione ferroviaria e nel cuore della città. L’ex caserma Miale è stata finalmente recuperata dalla Regione al patrimonio cittadino e ora – tempo l’esecuzione dei lavori che dovrebbero portare via un annetto – si può già pensare a un presidio fisso e autorevole della «città universitaria» nel centro urbano, ben più di quanto non lo sia stato finora il dipartimento di Giurisprudenza ubicato nell’ex tribunale, palazzo altrettanto storico e centrale, ma nulla a che vedere con il gigantesco quadrilatero di piazzale Italia. Una faticosa conquista per l’istituzione accademica e la realtà foggiana, il lieto fine di questa vicenda. Ricordiamo come la caserma Miale fosse stata per alcuni anni uno dei simboli della scellerata operazione di cartolarizzazione di beni immobili in disuso o inservibili, voluta dal secondo governo Berlusconi per ragioni di bilancio. Una svendita in piena regola che portò sulle tracce della caserma Miale la banca francese Bnp Paribas che acquisì l’intero stabile per 11 milioni di euro, lasciandolo però in fitto allo Stato italiano per tenervi dentro la scuola di Polizia con contratto fino al 2023 (la scuola andò via dopo due anni dalla stipula). Fu un affare per la banca che comprò a prezzi di saldo rispetto alle quote di mercato e poi fittò lo stesso complesso all’ex proprietario, assicurandosi altri introiti per dodici anni ancora. Fu invece un disastro per le finanze pubbliche e una pesante zavorra sull’espansione universitaria foggiana che avrebbe sin da allora (2011) potuto beneficiare del colpo d’ala. Oggi nella caserma c’è una sezione della Dia che non traslocherà poichè la Divisione Investigativa Antimafia potrà convivere con le attività universitarie: il contratto di locazione per l’ex scuola di polizia è parte integrante del disegno di legge che dovrà essere approvato in consiglio regionale per il definitivo via libera all’acquisto dell’immobile. In piazzale Italia troveranno posto la nuova sede del Rettorato, un nuovo dipartimento, la biblioteca economico-giuridica, laboratori e aule per l’istruzione magistrale e di alta formazione. Esulta il rettore, Pierpaolo Limone, in pressing da tempo sulla Regione che sborserà 7 milioni per rimettere le mani sul gigantesco edificio (16mila mq. di superficie coperta, 6500 mq. di cortile interno). «Una decisione che segnerà in maniera indelebile un cambio di passo per la nostra università e le prospettive della città di Foggia», sottolinea Limone.
Ma su questa storia lastricata di contrattempi si sommano disattenzioni, noncuranze, forse qualche svista calcolata in cui la sciagurata cartolarizzazione del governo fu solo l’atto finale. Lo Stato decise di rinunciare (e di privare la città di Foggia) a uno stabile già all’epoca reclamato dall’università (rettore Volpe), che individuò nel complesso dell’ex caserma Miale le caratteristiche naturali per ospitarvi l’Ateneo. Ma i tempi dieci anni fa non erano maturi, mettiamola così. Oggi la giunta Emiliano, dopo un pressing discreto dell’istituzione accademica (e la sponda offerta dal vicepresidente Raffaele Piemontese) chiude una falla aperta nel cuore di una città andata progressivamente svuotandosi negli ultimi dieci anni nel suo centro urbano, l’impoverimento sociale e economico è sotto gli occhi di tutti. L’università riportata al centro potrebbe riattivare (speriamo) quel coinvolgimento emotivo che i foggiani hanno via via smarrito, e non a caso sarà l’università a farlo ovvero la componente più viva e dinamica al momento di questo territorio. Si comprende forse ancor di più oggi quali danni siano stati causati dal palazzone del Rettorato, seminascosto in via Gramsci, lungo un vialone moderno ma assolutamente anonimo: non può essere quello il luogo più appropriato di un’università cresciuta nei suoi corsi di laurea, negli iscritti (oltre 12mila), nella ricerca e nelle classifiche di rendimento.

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