Cavalier Arbore, l’orgoglio di essere foggiani

 

E’ bello sentirsi foggiani all’ombra di un monumento nazionale del calibro di Renzo Arbore. La nomina a cavaliere di Gran Croce, massima onorificenza della Repubblica, riconosce i meriti del grande showman che con la sua Orchestra italiana per trent’anni ha alimentato il mito italiano nel mondo, rielaborando in chiave innovativa e originale i grandi classici della canzone napoletana e non solo. Ma per noi foggiani il riconoscimento tributato dal presidente Mattarella vale forse più di una rassicurante conferma. Si può essere orgogliosi di questa terra anche senza doversi giornalmente dissociare dalle brutture della cronaca, dalle bombe del racket che hanno devastato l’inizio del nuovo anno e dal penoso stato di conservazione della politica locale. E’ il Renzo nazionale che ci aiuta a riassaporare l’autenticità dell’aria di casa: “La mia cultura cattolica, apostolica, foggiana”, come sottolinea nell’intervista rilasciata a Walter Veltroni sul Corriere della Sera, è la definizione che egli stesso fornisce di se stesso rimarcando, e in un certo senso rettificando, l’assimilazione partenopea di cui è disseminato il suo percorso artistico tanto da avvicinarlo inevitabilmente a quella cultura. Che gli appartiene, senza dubbio. Ma alla veneranda età degli 84 anni, Renzo avverte il bisogno di rimarcare il suo essere foggiano senza peraltro aver mai smarrito questa virtù: numerose le sue sortite in città, le passeggiate in centro, i ricordi di gioventù raccontati nelle apparizioni sempre più costanti negli ultimi anni al teatro Giordano. 

Il passo definitivo di questa sua totale trasposizione, sarà probabilmente il progetto “Casa Arbore”, la raccolta di cimeli arboriani e della sua originale cultura artistica che Renzo ha donato alla sua città nella location al pian terreno di Palazzo Dogana. «Saranno interessati tutti i locali eccetto quelli della Galleria d’arte moderna – spiega al nostro blog Giuseppe D’Urso, presidente del Teatro pubblico pugliese che curerà l’allestimento per conto della Regione – i lavori dovrebbero cominciare a breve, a cura della struttura regionale. Con Renzo ci sentiamo spesso, è molto preso dall’organizzazione di questa sorta di casa-museo, sarà il suo testamento artistico e affettivo alla città che gli ha dato i natali, gli ha impresso una cultura popolare e una tradizione di cui è stato fiero interprete».

Arbore è il testimone più autorevole di una Foggia benestante e musicalmente colta spuntata negli anni Cinquanta e Sessanta (anni di ricostruzione, non soltanto edilizia) nelle sonorità di un luogo cult come la Taverna del Gufo. E’ Renzo il massimo emblema di una città provinciale e vagamente snob le cui tracce non si sono ancora perdute in alcuni ambienti, ultima barriera anti-urto al progressivo degrado sociale, visibile soprattutto nelle giovani generazioni e certificato dalla dittatura delle statistiche sulla qualità della vita, quasi una sentenza sull’ineluttabilità di un destino che i foggiani si dicono pronti a respingere se solo ne avessero la possibilità. 

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