L’uscita di scena di Carlo Formigoni

 

 

Se n’è andato da par suo: una sdraio appoggiata sulla scogliera e un libro scompaginato dal vento, il corpo recuperato dai soccorritori tra i flutti del mare agitato. Carlo Formigoni aveva calcolato anche la sua uscita di scena: leggeva le poesie di Mario Luzi per il trapasso. Diviso tra la tentazione di cambiar copione e l’ennesimo progetto da palcoscenico: «Solo venti giorni fa – rivela Peppino D’Urso – mi parlava di un suo nuovo spettacolo, voleva tornare a Foggia con l’”Anima buona di Sezuan” di Bertold Brecht». L’ex presidente del Teatro pubblico pugliese è stato lo scopritore del Formigoni pugliese sin da quando il 91enne grande regista mantovano, scomparso due giorni fa nel mare di Ostuni, prese casa a Vieste e divenne popolarissimo ai primi anni Ottanta con quel suo teatro pedagogico che ha formato tantissimi giovani allievi in Capitanata. «Conobbi Formigoni nel 1977 – ricorda D’Urso – fu una specie di folgorazione per la capacità di sedurre e appassionare alla sua arte. Per lui il teatro era scoperta, amava soprattutto sperimentare e farlo dietro le quinte. Poche volte l’ho visto recitare. Il suo teatro costruiva solide conversioni, lo testimoniano i molti ragazzi dell’epoca, da Daria Paoletta che ha fondato la compagnia Burambò, a Sasà Rotolo, a Massimiliano Pani che hanno eletto il teatro come scelta di vita grazie anche a quelle frequentazioni di oltre trent’anni fa nel laboratorio in via Menichella». 

Con questa motivazione, il Teatro pubblico pugliese presieduto da D’Urso consegnò a Formigoni il premio alla carriera il 7 novembre 2021: “La sua vita, la sua carriera e la sua storia passano dal Berliner Ensemble alla sua Aia tra i trulli della Valle d’Itria, per il Teatro del Sole a Milano e la fondazione del Teatro Kismet a Bari. La sua presenza continua ad attirare in Puglia e in Valle d’Itria attori, registi, giornalisti e intellettuali che vogliono avvicinarsi a lui e al suo fare Teatro in un luogo così autentico, magico e identitario della nostra Puglia. Il maestro Carlo Formigoni è la testimonianza di un percorso artistico unico nel suo genere, che nel segno di Brecht e Bettelheim ha creato un teatro personalissimo, ancor oggi vivo e palpitante”.

Formigoni divenne poi l’ideatore del Kismet di Bari (1981), ma con Foggia il legame non si è mai reciso: nacquero diversi laboratori per insegnanti e un maestro della dizione qual è Tonio Sereno fu tra i più fervidi discepoli della scuola di recitazione di Formigoni. Risale ai primi anni ’90 inoltre la nascita della compagnia Cerchio di gesso, un’esperienza artistica a tutto tondo che ha movimentato la scena foggiana per oltre un decennio, conclusasi purtroppo mestamente dopo la perdita dell’Oda Teatro, abituale dimora di prove e spettacoli, dichiarato inagibile dalla Provincia e mai più tornato in funzione. Gocce di creatività che non si sono disperse: il teatro in tutte le sue forme a Foggia riesce sempre a catturare l’attenzione dei giovani, Formigoni resta uno dei più fulgidi esempi ma come non ricordare negli anni ’80 il laboratorio di Guglielmo Ferraiola, altra fucina di passioni artistiche, fino alle esperienze parrocchiali (quella di Massimo Montagano all’Immacolata una tra queste). Un impeto che si può ritrovare oggi alla base dell’affermazione di importanti presenze artistiche sulla scena che trovano nel Teatro dei Limoni e nella Piccola compagnia Impertinente, le testimonianze più tangibili e nel Piccolo teatro (l’ex teatro club) il laboratorio, dal vernacolo a cabaret. 

   

Tag: Nessun tag

I commenti sono chiusi.