Energia rinnovabile, in Capitanata la transizione più verde d’Italia

Siamo un paese «rinnovabile», la provincia di Foggia ancor di più con i suoi 4.638 Gigawatt prodotti all’anno fra eolico e fotovoltaico. Realtà innovative e illuminanti come il polo tecnologico «Kmetroverde» alle porte di Foggia, aprono prospettive un tempo inimmaginabili su produzione energetica, ricerca e sviluppo di nuove tecnologie. Con tutta l’esperienza accumulata sulla produzione di energia verde la Capitanata dovrebbe essere il polo riconosciuto della transizione energetica al Sud. E invece i produttori di energia ascoltati qualche giorno fa in Confindustria dichiarano di far fatica a far emergere le capacità tecnologiche, il know-how industriale mentre i progetti di formazione dei giovani sembrano avere le gambe corte. «Ci sarà ancora lavoro, qui, tra vent’anni? Ci chiedono adesso i ragazzi», domanda preoccupato l’imprenditore Giancarlo Dimauro. «Siamo pronti a stipulare un patto per la tutela del paesaggio – propone Angelo Di Giovine, presidente della sezione Energia di Confindustria Foggia – se può servire a stemperare lo scetticismo dei comuni che osteggiano pale e pannelli (nei Monti dauni, a Carlantino e Celenza Valfortore un movimento ostacola la costruzione di 17 nuovi aerogeneratori: ndr)». Numerosi i quesiti posti al sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro, presente all’incontro su invito di Fabrizio Tatarella. Ambiente e energia, facce della stessa medaglia: siamo pieni di ecoballe scaricate nelle ore notturne dalle ecomafie e produciamo la maggior quantità di energia rinnovabile in Puglia e tra le regioni del Mezzogiorno. Il governo ora s’impegna a contrastare il fenomeno degli svernamenti notturni in tutta la provincia («un problema che abbiamo all’attenzione»). Ma a causa di queste distorsioni la Capitanata continua a pagar pegno alla sua immagine: siamo una provincia-pattumiera anche se all’avanguardia sui temi della transizione ecologica. Qualcosa non torna, se fa prima ad affermarsi il male sul bene. Oppure non è stato fatto abbastanza per affermare il primato raggiunto sull’economia verde, se c’è una reputazione da consolidare al netto delle buone intenzioni. Il sottosegretario, che ha delega su parchi e caccia, non le manda a dire: «Mi rendo conto di come la burocrazia soffochi qualsiasi attività produttiva, c’è uno strapotere amministrativo anche nei ministeri».

Confindustria sull’enorme tematica ambientale insiste da qualche mese, c’è un asse ad esempio tra Foggia e il comune di Montevarchi considerato il più avanzato in Italia sulle comunità energetiche. «Abbiamo forze in campo e professionalità sviluppate in trent’anni di investimenti sul territorio – afferma il presidente Eliseo Zanasi – la Capitanata è una delle prime province ad aver investito di più sulla transizione verde. Dobbiamo mettere a frutto queste nostre competenze». 

Sul piano normativo però c’è ancora molto da fare, la tecnologia corre più dei regolamenti che affannosamente cercano di regolamentare investimenti oggi in mano alle multinazionali straniere. Comuni e Province si ritrovano sul territorio investimenti catapultati dall’alto, frequente il fenomeno (smascherato da inchieste giornalistiche) di prestanome e di piccole società con poche migliaia di euro di capitale sociale a capo di progetti faraonici, secondo lo scandalo denunciato dai pescatori del mar Piccolo a Taranto. Investimenti accelerati e altri che languono: «Siamo vittime di normative schizofreniche, un paese che non rispetta i tempi di legge e concede nuove autorizzazioni pone seri problemi. La nostra società ha progetti di investimento bloccati al ministero da diciassette anni», denuncia Antonella Pasqualicchio amministratore della società pioniera sulle rinnovabili (primo progetto della Lucky Wind, anno 1987). E Nicola Pavia (Its green energy Puglia, capofila in Puglia) teme che la formazione di nuovi tecnici non possa portare a nulla: «Siamo a Troia, facciamo manutenzione e verifica di impianti energetici. Abbiamo capito quanto sia importante formare nuovi tecnici e lo stiamo facendo, abbiamo bellissime realtà aziendali in regione che necessitano di tecnici specializzati. Ce li chiedono in continuazione, abbiamo formato 25 ragazzi con tanto entusiasmo. Il loro sogno è poter restare nella loro terra: possibile che non siamo ancora nelle condizioni di poter assicurare loro un futuro più tranquillo?». 

 

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