Energia e computer green, ma non a costo zero

Transizione ecologica, transizione digitale. Tutto è in movimento, sono tempi di grandi stravolgimenti nel mondo che abbiamo imparato a conoscere. Una domanda però s’insinua sempre più spesso nel mainstream del pensiero unico: cambiare per migliorare, per diventare più «green»? La tesi dominante – e che ha formato schiere di ecologisti negli ultimi trent’anni – preconizza l’idea di una distruzione di massa prossima ventura del pianeta Terra se l’Occidente non darà un freno ai suoi consumi, se le estrazioni di petrolio e di metalli continuassero a correre a seguito dell’adeguamento ai nostri standard di Cina e India, due colossi in via di recupero (una coscienza ecologista comincia a prevalere anche in quei due paesi da 2,5 miliardi di persone). 

Di una nuova e più illuminata politica ambientale c’è bisogno nel mondo. Sicuramente di un nuovo ordine mondiale che riuscissero a darsi i paesi (quasi tutti) che aderiscono alla COP, la Conferenza delle parti, il più grande organismo decisionale che alla Convention numero 27 (Sharm el Sheikh, 2022) ha tuttavia dovuto prendere atto come i combustibili fossili continuino a garantire l’80% del consumo energetico mondiale. Allora, siamo al punto di partenza? Forse no, se il mondo brucia tutto intorno si segnalano minuscoli focolai in fase di spegnimento: è giusto il caso di segnalare la forte adozione di politiche green che c’è nei paesi scandinavi, ad esempio, come anche in Costa Rica grazie all’elevatissima disponibilità di fonti rinnovabili non aleatorie come idroelettrico e geotermico (nella foto tecnici Terna su un traliccio dell’alta tensione). Paesi che autorizzano l’idea di un nuovo ambientalismo difensivo locale in grado di punteggiare (e in futuro di contagiare?) varie aree di dissenso del mondo. 

L’ONDATA GREEN – Ma anche la transizione non è a costo zero e come tutti i passaggi epocali ha le sue regole. Ad esempio il nuovo ordine ecologista mondiale che presuppone la riduzione delle emissioni di gas serra del 43% entro il 2025 e del 60% entro il 2035 si scontra con un’opposizione all’ondata Green che agitano ad esempio gli automobilisti delle «Higway» americane che hanno già sperimentato l’inefficacia dei mezzi a combustione elettrica sulle lunghissime distanze delle motorway a stelle e strisce. E non a caso negli Stati Uniti, considerati tra i principali “inquinatori” mondiali, sui temi della transizione si gioca una delle partite cruciali alle elezioni presidenziali di novembre  fra gli eterni Biden e Trump. La transizione ecologica conviene? Certamente sì, ma gli scienziati alle prese con le innovazioni più spinte del momento – Intelligenza artificiale, realtà aumentata – sottopongono ai governi il problema di come dominare questi fenomeni su un piano mnemonico-attuativo e sul loro utilizzo in chiave più squisitamente tecnico-scientifica. Tralasciamo per un attimo il primo aspetto per concentrarci sul secondo: c’è un gran bisogno di nuova energia per alimentare i nostri computer, modem e  router che sviluppano le connessioni wireless. E il passaggio dai combustili fossili all’elettrico rischia di tramutarsi in un boomerang per l’ideologia progressista che va montando negli ultimi anni e che pone l’accento sul sacrificio (economico) necessario per garantire il futuro delle nuove generazioni. Ma i costi da sostenere (per quanto le cifre siano ancora ballerine) fanno rima sempre più con “salasso”: è stato calcolato che per attuare la transizione energetica in un paese come l’Italia occorrano qualcosa come 100 miliardi di euro l’anno per favorire il graduale passaggio dal fossile al combustibile verde. Grande anche il dispendio di risorse naturali per costruire il nuovo mondo ecologista: per realizzare le batterie che alimentano le auto elettriche occorre una quantità d’acqua inimmaginabile. 

E il costo della transizione digitale non lascia lungo il suo tracciato minori punti interrogativi sul grado di apprendimento, sul largo impiego didattico che ormai se ne fa nelle scuole: nel libro “Demenza digitale”, il neuroscienziato americano Manfred Spitzer non ha dubbi sui guasti, specie sui nostri ragazzi, dell’uso sempre più intensivo del computer: «Se ci limitiamo a chattare, twittare, postare, navigare su Google finiamo per parcheggiare il nostro cervello, ormai incapace di riflettere e concentrarsi». 

QUALE TRANSIZIONE – La transizione digitale è una rivoluzione che richiede governi forti, una predisposizione al cambiamento, tantissimi finanziamenti pubblici. Inutile dire che le precondizioni perchè si arrivasse a tutto questo non sono state create, se oggi è crescente il numero degli homeless per le strade e se a neanche un secolo dalla fine della Seconda guerra mondiale riaffiorano tensioni e conflitti interregionali come l’invasione della Russia in Ucraina mentre l’Iran agita gli Houti sul Mar Rosso e i terroristi di Hamas contro Israele nella guerra di Gaza. La sensazione allora è che i governi del cambiamento ad ogni costo agiscano per dovere di firma, lasciando ai posteri l’onere della prova (che ribalteranno alle responsabilità di chi c’era prima). L’Unione europea è la maggior interprete di un primo palese voltafaccia: lo si è è visto sui provvedimenti, quasi tutti ritirati, del Green Deal dopo l’invasione dei trattori a Bruxelles e in tutte le altre piazze degli stati membri (in provincia di Foggia resta vigile un presidio fisso degli “agricoltori arrabbiati” all’altezza del casello Sud dell’A14). Ora il nuovo mantra comunitario gravita intorno l’approvazione, da parte del Parlamento europeo il prossimo 12 aprile, della cosiddetta “direttiva green” che comporta la riduzione del 16% dell’attuale consumo energetico nelle abitazioni entro il 2030 e l’azzeramento delle emissioni entro il 2050. In sostanza case verdi amiche dell’ambiente, nuovi cappotti termici alle abitazioni più vecchie (quelle classificate con le lettere F e G). Per l’impatto ambientale zero nel 2050 si calcola un costo per gli stati membri di 270 miliardi di euro, a carico dei governi e degli abitanti dell’Unione per i quali la spesa potrebbe oscillare tra i 25mila e i 60 mila euro procapite. Il pensiero corre all’Ecobonus italiano che ha aperto la strada all’efficientamento energetico degli edifici, ma che ha scatenato anche l’appetito degli speculatori e di opportunisti che semplicemente applicando la legge hanno intascato profitti da capogiro che saranno i contribuenti italiani a dover pagare almeno per i prossimi dieci anni. 

LA FIDUCIA DEL PAPA – Ben venga allora la transizione energetica, ma non sarà una passeggiata. E intanto il mondo si consuma, cambia e si trasfigura nei mutamenti della natura finalmente (almeno quelli) inesorabili. Se Papa Francesco, con immensa generosità, affida all’uomo l’ordine delle cose quasi fosse un Dio in terra («Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare a sognare a una decisa accelerazione della transizione energetica»), c’è un regolatore principe, la Natura stessa, che in fin dei conti si incaricherà dell’onere di modificare le cose come avviene da almeno quattro miliardi di anni sul nostro Pianeta. E noi non potremo farci proprio niente.

  

 

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