La frana che non dorme e i cantieri dell’Alta velocità a due passi

E se non bastasse l’ennesimo intervento-tampone per avere ragione della frana più attiva d’Europa? Il confine campano/pugliese è martoriato da secoli dal sommovimento delle viscere della terra, la frana che in questi giorni blocca i collegamenti ferroviari sulla Foggia-Benevento è riaffiorata negli ultimi venticinque anni a intervalli decennali: l’ultimo stop ai collegamenti risale al 2010, la frana di Montaguto tenne in scacco i viaggiatori pugliesi per tre mesi. Ma andando a ritroso nel tempo la ritroviamo nel 2002, in quel caso lo scivolamento del terreno fermò per giorni il tratto irpino dell’A16. 

Questa volta il movimento viene localizzato un po’ più a Ovest, nella galleria di aerazione denominata La Starza, sempre in provincia di Avellino, area di agriturismi e di masserie a 25 minuti di treno da Montaguto dove fu spento dai tecnici di Rfi l’ultimo sommovimento. Da martedì 19 marzo le squadre sono al lavoro per eliminare i detriti dai binari, consolidare con iniezioni di fibrocalcestruzzo le pareti, trivellare il sottosuolo fino a cento metri di profondità per rilevare la quantità di acqua che fa muovere il terreno. Un intervento delicatissimo, che richiede indagini geologiche approfondite: basterà il tempo a disposizione per riportare in funzione la tratta entro il 14 aprile come promette Rfi? 

La battaglia contro la frana adesso è campale, tutte le speranze per avvicinare finalmente le due regioni sono riposte sulle grandi opere dell’Alta velocità ferroviaria e sugli interventi di sofisticata ingegneria per ammansire un territorio così ribelle. Si preannuncia un’impresa ciclopica, la frana ripropone un problema antico e forse non ancora affrontato alla radice. Lo sostiene la presidente dell’Ordine dei Geologi della Puglia, Giovanna Amedei: «Occorre, con urgenza, pensare concretamente alla soluzione del problema, includendo anche la prevenzione, la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio. Servono politiche di tutela e salvaguardia del suolo evitando interventi ‘solo’ nella fase di urgenza senza progettazioni a grande scala territoriale. Serve promuovere la consapevolezza e l’educazione ambientale – conclude Amedei – affinché ogni cittadino possa conoscere i rischi del proprio territorio e diventare parte attiva nella sua protezione e nella prevenzione del dissesto idrogeologico».

Le immagini dei cantieri dell’Alta velocità/capacità, diffuse da Rfi qualche anno fa (cui si riferisce la foto che pubblichiamo in questo articolo) raffigurano la costruzione di gigantesche gallerie e di terrapieni costruiti per far correre i binari in tutta sicurezza nel 2027 quando la linea dovrebbe entrare in funzione. Ma tra Avellino e Montaguto, fino alle pendici di Ariano Irpino, il terreno continua a scivolare come una sottiletta e allora ci si chiede se basterà tutto questo per vincere una frana che i Borboni provarono a domare due secoli fa, quando dal 14 aprile al 26 giugno 1797 l’intera corte si trasferì a Foggia per celebrare le nozze tra il principe ereditario Francesco I e Maria Clementina d’Austria. Si narra che gli ingegneri per neutralizzare la frana prosciugarono le sorgenti e i laghetti che la alimentano senza soluzione di continuità e che l’esperimento funzionò per i tempi. Stessa soluzione che alcuni amministratori della provincia di Foggia provarono a suggerire alla Regione Campania durante lo stato di emergenza nel territorio comunale di Montaguto dal 12 maggio 2006 al 31 dicembre 2009.

La galleria “La Starza” dista in linea d’area una decina di chilometri dai cantieri dell’Alta velocità.  Forse questa volta non basterà mettere in sicurezza i binari della vecchia ferrovia per arginare un movimento franoso antico e irriverente che nel 2006 mandò gambe all’aria la statale 90, tra Panni e Montaguto, inconveniente che dirottò definitivamente l’intero traffico automobilistico sull’autostrada tornata da qualche giorno ad essere l’unica bretella di collegamento tra la Puglia e il Tirreno. Non c’è pericolo che l’alta velocità faccia la fine della statale, Rfi non prende proprio in considerazione un’evenienza del genere. Ma qualche chiarimento tecnico non sarebbe superfluo in questo momento, se i geologi (inascoltati) insistendo sulla prevenzione ripetono questi appelli a distanza ciclica, proprio come la frana.

 

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