Gennarone il «re» del Concertone

Diciamoci la verità: chi mai se lo sarebbe filato il Concerto del Primo maggio di Foggia senza l’intemerata dell’ineffabile Gennarone? Il trapper foggiano, insolito protagonista della kermesse organizzata dall’amministrazione di centrosinistra, l’ha fatta fuori dal vaso. Prima di salire sul palco di parco San Felice in pochi lo conoscevano e probabilmente ascoltavano. Poi la sua «provocazione artistica» è finita a incastro nella tragicomica campagna elettorale delle Europee e tutti giù per terra adesso a condannare, biasimare, puntare il dito contro quel vocione esuberante che con la scusa di mettere in guardia dal sottile e pervicace ritorno al fascismo ha svillaneggiato con l’«Offesa Grave» nientemeno che «il» presidente del consiglio. Così il giorno dopo l’incauto Gennarone, ha provveduto a smarcarsi da quei rimproveri scusandosi per i toni triviali utilizzati nei confronti di «detta Giorgia» proprio nella migliore tradizione da varietà “nazionalpopolare” al quale si è ridotta pure la politica. 

Tanto ormai la frittata era fatta. Quanto voluta? Diciamo che tra i Vannacci che trovano il modo di sparare a zero persino sui disabili  («classi separate») – forse perchè sui gay è già stato detto tutto – e la premier che ricalca sulla testa l’elmetto da capopopolo alle Europee, anche il povero Gennarone si è deciso a rivendicare il suo spazio. E allora quale modo migliore per farlo approfittando di un palco, un pubblico purchessia, la parata di sindaca Episcopo e giunta al gran completo tutti appena scesi da quello stesso palco dopo i ringraziamenti per la folta affluenza e la compostezza della manifestazione? 

Il «rutto» di Gennarone, come dice il maestro Morgan nella sua ultima canzone, si è insinuato nei TG tra i due storici concertoni (Roma e Taranto), rubando la scena del Primo maggio. Per dire come siamo messi ormai anche nel mondo dell’informazione. Dietro quel volto truce, la mascella serrata, il cappellino (cappellone) d’ordinanza e il microfono puntato come un punto esclamativo sul palco, c’è però forse anche una richiesta d’aiuto: non tanto di Gennarone, i suoi 5’ di celebrità in fondo li ha avuti. Quanto dei tanti altri “Gennaroni” che vorrebbero anche loro poter dire come la pensano ma vengono sistematicamente sommersi dalle urla, dagli epiteti e da chi è costretto a spararla sempre più grossa per andare in copertina. Sarà dunque pure un po’ triste la provocazione di Gennarone, ma in questo avanspettacolo anche il ruolo dei media e dell’opinione pubblica finisce per perdere la sua efficacia. E l’intento di questo blog, modestamente, tenta su questo di accender la luce.

A furia di provocare, insultare, dileggiare l’avversario alla fine scaveremo nel vuoto e allora forse qualcuno finirà per chiedersi se non sia il caso di cominciare a dire qualcosa di serio. Parliamo di contenuti. Avrebbero dovuto pensarci le istituzioni, fin troppo attraversate dalla politica militante fin dentro i ruoli più apicali. Alcuni segnali sono però indicativi di una certa irrilevanza in cui sono finiti ad esempio, i vari rottamatori, i costruttori di ponti sullo Stretto, le correnti pronte a pugnalarsi a vicenda, così come suggeriscono i voti a perdere di questi anni. 

Adesso la saga del ritorno al fascismo indubbiamente tiene botta e quella di Gennarone appare come una riflessione attenta sul nostro “Io”, come diceva Ennio Flaiano: in fondo ogni italiano si sente un po’ così. Ma forse anche il culto dell’Uomo Forte ha trovato pane per i suoi denti, non avendo ancora fatto i conti con la banalità dei nostri giorni. 

 

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